Il saggio scritto con Irene Lovato Menin è stato presentato in CNA Torino
In Italia, i giovani sono una risorsa preziosa e sempre più scarsa. In numero sempre minore, per le dinamiche demografiche che ben conosciamo, e spinti a emigrare all’estero in cerca di migliori opportunità, sono spesso vittime di stereotipi e incapaci di cogliere le nuove dinamiche che caratterizzano il mercato del lavoro nazionale. La cosiddetta Generazione Z vive in un’epoca radicalmente diversa da quella delle generazioni precedenti, caratterizzata dalle ripercussioni dell’esperienza pandemica, della rivoluzione digitale e della continua trasformazione del mondo del lavoro alla quale stanno contribuendo essi stessi. Il concetto di “posto fisso” è ormai superato: i giovani guardano al lavoro come a un percorso dinamico, meno legato a un luogo fisico e più centrato sulla propria occupabilità e sulla crescita continua.
Questo, in sintesi è il contenuto del saggio “Il posto del lavoro”, edizioni Il Sole 24 Ore, presentato in CNA Torino lo scorso 30 settembre su iniziativa di CNAcademy Lab. Basato su approfondite ricerche condotte da Community Research & Analysis, in particolare per Federmeccanica e Fondazione Engim, il saggio del professor Daniele Marini, docente di Sociologia dei processi economici all’Università di Padova, scritto a quattro mani con Irene Lovato Menin, si basa su una approfondita analisi sul campo: 4 mila studenti dei poli formativi Engim sparsi per l’Italia sono stati intervistati per meglio comprenderne aspirazioni e motivazioni al lavoro, esplorando le loro scelte formative e professionali. Un libro che si rivolge a tutti coloro che intendono comprendere appieno presente e futuro dei giovani nel contesto lavorativo italiano, a partire dagli imprenditori, dai sindacati e dalle associazioni datoriali.
In CNA Torino, il professor Marini si è confrontato con il Presidente dei Giovani imprenditori Enrico Vaccarino, il Presidente provinciale Nicola Scarlatelli e il Segretario Filippo Provenzano, ma anche con il Segretario generale della Fim-Cisl Rocco Cutrì, sotto l’attenta moderazione della giornalista Alice Dominese.
È ancora importante per le nuove generazioni il lavoro e se sì, come ne è cambiata la percezione? È questa la domanda di partenza da cui discendono le inconsuete conclusioni a cui giunge il saggio. I giovani oggi rifiutano il percorso ansiogeno del lavoro purchessia, come hanno fatto le generazioni che li hanno preceduti. Chiedono certezze per il loro tempo libero, per la cura di sé e dei propri cari, perché non credono nel lavoro totalizzante.
E per le imprese che li cercano la sfida è inedita: è l’impresa che deve “vendere” il lavoro e il lavoratore ne diventa il “compratore”. Non era mai successo. I giovani si riservano di accettare l’esito di un colloquio, pesano vantaggi e svantaggi e non di rado preferiscono attendere tempi migliori. Anche grazie al sostegno che le famiglie di provenienza sono spesso ancora in grado di assicurare loro.
Eppure, questi stessi giovani non rifiutano le grandi sfide. Prova ne è che più di 5 milioni di giovani italiani per lo più laureati hanno lasciato l’Italia alla ricerca di migliori opportunità che spesso in Italia mancano, ma anche di modelli sociali più aperti, moderni, in cui potersi pienamente realizzare. La scoperta del lavoro a distanza nel periodo pandemico ha rappresentato un altro dei punti di non ritorno: molti giovani lo preferiscono perché consente una migliore gestione dei tempi di vita, anche se molte imprese non sono ancora pronte ad offrirlo.
Ed ecco emergere la forte richiesta di trasformazione sociale ed economica che arriva dalla Generazione Z. In questo contesto, l’artigianato e la piccola impresa possono giocare un ruolo strategico: già oggi il 47% delle assunzioni nelle microPmi sono giovani under 40. E se molti giovani lasciano volontariamente posti di lavoro in cui non trovano modo di esprimere il proprio potenziale – spesso nel pubblico e nelle grandi imprese che offrono mansioni standardizzate – agli imprenditori occorre anche spiegare che il lavoratore “giovane italiano e maschio” che hanno sempre cercato è ormai in via di estinzione. Occorre guardare altrove: favorendo sempre di più l’inserimento di donne, stranieri e over 50 formati, perché questa è la nuova disponibilità di occupabili sul mercato, mentre ai giovani va detto che le microPmi possono offrire un buon lavoro in cui esprimere sé stessi e il proprio talento.
Un’ultima riflessione il professor Marini l’ha riservata alle famiglie: sono spesso incapaci di orientare i figli al cambiamento in atto e li guidano verso percorsi formativi inadeguati, influenzati da modelli arcaici e stereotipati. In questo senso, determinante può essere il ruolo della CNA nel favorire un nuovo dialogo tra scuole, famiglie e giovani per costruire un mercato del lavoro più efficiente e capace di andare incontro al futuro